giovedì 28 giugno 2012

Scimmie e veri scrittori

Dovrei procurarmi una scimmia. Non è così facile procurarsi una scimmia, qui a Roma.
E poi a me piacciono di più i gatti. Del resto sono contraria a separare qualsiasi animale dal proprio habitat naturale. Però, se abitassi in una foresta, in Africa o in Madagascar oppure se vivessi a Gibilterra.. se potessi mi procurerei una scimmia! Secondo il teorema delle scimmie infinite (o dattilografe): "Se un esercito di scimmie battesse per un tempo sufficiente sui tasti di una macchina da scrivere, produrrebbe prima o poi tutti i libri del British Museum". Altri enunciano il teorema in maniera diversa: "Una scimmia che prema a caso i tasti di una tastiera per un tempo infinitamente lungo quasi certamente riuscirà a comporre qualsiasi testo prefissato". Io lo trovo affascinante! Non importa se per alcuni è necessario un esercito di scimmie o per altri ne basta una sola. Avere una scimmia da compagnia in questo momento sarebbe una bellezza. Se una scimmia in un tempo infinito può riprodurre qualsiasi libro conosciuto, magari può anche scrivere un testo inedito. E in meno tempo! Ci sono sempre tante cose da scrivere e così poco tempo. Per non parlare delle mail varie che mando o dovrei mandare ogni giorno, oppure delle scartoffie da compilare. Se avessi una scimmia tutta mia avrei risolto parte dei mie problemi. Una simpatica scimmietta che battendo i tasti a caso crea capolavori, se è una scimmietta abbastanza istruita. Altrimenti crea romanzetti di serie B che comunque c'è sempre qualcuno che li apprezza. Anzi, i romanzetti forse sono anche più apprezzati perché sono facili da leggere. E le statistiche parlano chiaro: nel mondo la percentuale di ignoranti cresce in maniera inversamente proporzionale rispetto a quella degli scrittori degni di questo nome. Gli scrittori, quelli veri, erano uomini normali, poi sono stati morsi da un libro radioattivo e sono diventati dei supereroi.
E di certo non hanno scimmie da compagnia.

Al liceo mi sono innamorata di uno scrittore. Un amore platonico. Cartaceo.
Adoravo (e odoravo) i suoi libri e mi facevano impazzire i suoi denti leggermente imperfetti, le borse sotto gli occhi e quel suo modo di parlare e gesticolare. Aveva vent'anni più di me. E ce li ha ancora, ovviamente, ma adesso non rischierebbe il carcere! In preda ad ormoni adolescenziali scrissi e gli inviai delle poesie d'amore. Avevo trovato su un giornale una sorta di indirizzo che faceva riferimento a lui. Credo fosse l'indirizzo della sua casa editrice o qualcosa del genere. Per un mese inviai una lettera a settimana. Regolarmente anonima! Ognuna contenente una melensa poesia d'amore. Ogni tanto ci ripenso.. Secondo me non le ha mai ricevute. Spero vivamente che non le abbia mai ricevute. Ho cancellato tutte le mie impronte, sia dalla carta che dalla busta, non risaliranno mai a me! E' una cosa talmente stupida! Ed erano delle poesie ridicole! Divento rossa per la vergogna solo al pensiero.. Di sicuro chi le ha lette si è fatto un sacco di risate. Risate che hanno riecheggiato per tutto l'ufficio, palazzo, quartiere in questione. Poi, con una puntina, l'allegro visionatore della corrispondenza ha attaccato le mie poesie alla bacheca dell'ufficio, per permettere a tutti, leggendole, di potersi sganasciare. Sono rimaste lì per un bel pò di tempo, per anni probabilmente. Chiunque fosse triste, depresso o stressato passava alla bacheca, leggeva una delle mie poesie ed iniziava a ridere con le lacrime agli occhi. Con gli anni la carta è ingiallita, la mia calligrafia è diventata sempre meno nitida e alla fine le mie lettere sono state coperte dalla spassosa corrispondenza di qualcun altro.
Se fosse andata così non sarebbe poi male. Sarebbero servite a qualcosa.

venerdì 15 giugno 2012

La leggerezza del meteorite

Si, mi sento più leggera.
In queste settimane stare a casa è stato rilassante quanto tuffarsi in una vasca infestata da piranha in preda a fame chimica. Però mi sento meglio. Ho scoperto che per trovare lavoro avere una laurea in medicina serve quanto una bella messa in piega. A meno che non si voglia fare il medico, ovviamente. In quel caso una bella messa in piega è necessaria. Pazienza, sono tranquilla. Ho sempre pensato che nella vita qualcosa avrei fatto, un lavoro lo avrei trovato. Non sono spaventata. Ovvio! Non ho idea di cosa significhi pagare l'affitto, pagare le bollette, fare la spesa. Almeno per ora. La mia totale mancanza di concretezza potrebbe anche essere un bene. Si, ma solo per ora. Dovrei anche capire come valutare questo "ora". E' un avverbio di tempo che ho sempre sottovalutato. Come se il futuro o il passato fossero più importanti, come se non fossero solo un insieme di ora. Lo sapevo che mi sarei dovuta impegnare di più nel costruire quella macchina del tempo. Mi sono limitata a farci un tema con tanto di disegno in quarta elementare. Un'altra delle cose che ho lasciato in sospeso, un altro progetto rimasto sulla carta. Peccato, sarei potuta tornare indietro nel tempo e rendere ora diverso da ora! Farò a meno anche di questo. Sono ingenuamente ottimista. Ottimista e insicura, pessima accoppiata. Penso che qualcosa nella vita farò, qualcosa che mi piaccia intendo, ma ancora non so cosa sia. Mi sembra di essere brava solo in cose con cui è difficile camparci. Si, lo so che oggigiorno è difficile campare con qualsiasi lavoro. Colpa dell'euro signora mia e del buco dell'ozono.
Ma soprattutto colpa mia. E delle infinite possibilità che mi paralizzano.

Paura del fallimento. Ti so affrontare se non si tratta della vita vera. La vita vera mi frega sempre. E' la mia nemesi. Se non sono un supereroe è colpa della vita vera. E' accaduto nel novembre del 2003. Ero a San Francisco e sono andata a visitare l'Exploratorium, ovvero il museo della scienza. In una delle sue  numerose sale mi sono trovata davanti un gigantesco meteorite, uno di quelli caduti sulla Terra in non so che anno e luogo. Il meteorite mi ha attirato a sè con forza, ipnotizzandomi come una sirena. Sentivo nella mente il suo richiamo e non potevo far nulla per contrastarlo. Ho provato a resistergli ma ogni mio sforzo è stato vano. I meteoriti sanno il fatto loro. Dovevo toccarlo, dovevo! Sebbene il cartello lo vietasse, dovevo toccarlo. Del resto il cartello me lo vietava in inglese e a quel tempo il mio inglese era perfino peggiore di adesso. Dovevo toccarlo nonostante il divieto, nonostante la piccola transenna che lo circondava e nonostante l'attenta sorveglianza del personale di sala! Ero troppo curiosa ed attratta dal fascino oscuro di quell'ammasso di roccia, metalli ed essenza ipergalattica. Così, sperando di non essere vista, ho iniziato ad avvicinare l'indice della mano destra al meteorite, come in trance, e proprio quando stavo per toccarlo, a pochi millimetri dal contatto, un lampo azzurrognolo partito da quel gigante stellare ha raggiunto il mio dito e da lì ha attraversato tutto il mio corpo. Ho preso la scossa dal meteorite! Una scossa extraterrestre! Elettrizzante.
Potrebbe essere un ottimo inizio per un fumetto o libro sui supereroi. Solo che la scossa la renderei molto più eclatante, con la protagonista che viene pervasa da una corrente di energia e si solleva inerme da terra circondata dal una luce azzurro-argentata che illumina tutta la stanza. Ovviamente in quel momento la stanza del meteorite è deserta e nessuno vede ciò che sta accadendo. Quando la protagonista tocca finalmente terra i suoi vestiti sono a brandelli mentre lei è ancora carica di elettricità e dal suo corpo si propagano dei piccoli lampi di energia. E' nata una nuova supereroina.
Nel mio caso non è successo. Colpa della vita vera, appunto. Ho sperato per giorni che quella scarica e quel nostro contatto mi avesse fatto acquisire dei superpoteri, ma così non è stato. A me non è cambiato nulla. A quanto raccontano, però, il meteorite da allora è diventato molto insicuro e parecchio ottimista.