lunedì 25 marzo 2013

Bambolina voodoo

Non mi ero mai chiesta come potesse sentirsi una bambolina voodoo. Adesso credo di saperlo. Qualche giorno fa ho fatto il mio primo agoaspirato. Ero lì, distesa sul lettino, immobile, un po' spaventata e senza alcuna intenzione di reagire per non inficiare l'esame, e, mentre la dottoressa era intenta nel suo lavoro di carotaggio, pensavo appunto ad una bambolina voodoo. Non è che sia doloroso fare un agoaspirato al seno, però non è nemmeno piacevole.. Ti senti scrupolosamente punzecchiata, sempre nello stesso punto con insistenza, come se il medico un po' ci provasse gusto ad usarti da puntaspilli! Povere bamboline voodoo, nate proprio con l'intento di essere spillonate.. almeno io una volta fatto l'agoaspirato sono tornata alla mia solita vita! Mia mamma mi ha accompagnato in ospedale più agitata di me. Quando appartieni alla categoria "Donne munite di tette da tenere sotto controllo" c'è sempre qualcuno che ti accompagna a fare questi esami. Così ti ritrovi in una sala d'aspetto piena di donne. La sala d'aspetto è la stessa, sia che tu debba fare l'agoaspirato, la mammografia o l'ecografia, per questo è sempre piena e c'è un gran via vai di donne di tutti i tipi e di tutte le età.. Se hai una madre o una nonna (o entrambe, come me) che ha avuto il cancro al seno, di sicuro hai qualcuno che ti accompagna. Se sei tu quella che ha già avuto il cancro al seno allora è probabile che ad accompagnarti siano in tanti: tuo marito, i tuoi figli, tua sorella.. Se è solo per un controllo occasionale non ti accompagna nessuno e te ne stai tranquilla e serena. Negli altri casi non sei mai del tutto tranquilla ma lo nascondi bene, salvo poi tradirti una volta finita la visita: anche se va tutto bene hai quella spiacevole sensazione di lacrime trattenute.. Mentre aspettavo il mio turno mi guardavo intorno. La visione era insieme deprimente e confortante. C'erano donne che avevano voglia di parlare di quello che gli era capitato mentre altre non avevano nessuna intenzione di farlo. C'era la signora giovane con la parrucca che non gli si reggeva e ci scherzava ad alta voce con l'amica. Mi ha fatto sorridere e allo stesso tempo pensare che potrebbe capitare anche a me come a mia madre e a mia nonna prima di me: che inguaribile ottimista che sono eh? Niente ti fa amare tanto la vita quanto la morte o la sua temporanea vicinanza. Quindi immagino che se dovesse malauguratamente capitarmi di affrontare il cancro lo farò con in testa una bella parrucca rosa shocking o come minimo viola!

Fortunatamente il mio agoaspirato ha dato esito negativo: ho un fibroadenoma e per ora me lo tengo, devo solo controllarlo ogni sei mesi. L'ansia è passata ma l'idea della morte è riuscita di nuovo a farmi sorridere quando ho pensato che se potessi scegliere come morire vorrei farlo ricoperta di gatti. Li amo anche se non mi fanno respirare! Ho un animo da gattara e un'adorazione per i felini, nonostante mi facciano venire l'asma.. Però chi mai preferirebbe tenersi degli spugnosi e molli polmoni quando può avere dei teneri e soffici gattini? Così mi sono immaginata a letto, ricoperta di gatti di tutte le razze, colori e personalità.. una miriade di gatti da accarezzare e coccolare.. può sembrare inquietante ma a me ha fatto sorridere!

mercoledì 20 marzo 2013

Perché parlare quando si può scrivere?

Impariamo a parlare da piccoli. E' una cosa facile, o almeno così sembra.
Anch'io ho imparato come tutti, ma senza trovarci gusto. C'è chi prova piacere nel conversare mentre per me equivale a passeggiare a piedi nudi su un bel tappeto di puntine. E' tutto un <ahi! uuuh! aah!> e via dicendo.. Personalmente non ho mai parlato molto. A livello puramente teorico pratico il dialogo in maniera ineccepibile. Sono priva di cadenze e inflessioni dialettali e uso correttamente perfino il congiuntivo. Ma non sono brava a parlare, soprattutto di me. Non ne sono capace. Finché si tratta della teoria si che so dire frasi corrette, con verbi, sostantivi e tutto il resto messo lì al posto giusto, ma se devo parlare di me non ci riesco. Non mi piace parlare di me. E non sono nemmeno brava a spiegare le cose. Per fortuna si può scrivere! Così ho iniziato a scrivere questo blog che finora ho tenuto gelosamente per me. Solo alcuni amici fidati ne sanno l'esistenza.. più che altro è uno spazio tutto mio in cui posso essere me stessa, scrivere pensieri a ruota libera, raccontarmi, sfogarmi e magari trovare la soluzione alle domande fondamentali della vita: nella carbonara ci va la cipolla o l'aglio? ci si può vestire di bianco ai matrimoni? c'è un modo per far durare il rossetto durante la gara a chi mangia più angurie in un minuto?

lunedì 18 marzo 2013

Il paradosso della felicità

Il paradosso della felicità: per essere felice devi prima essere infelice.
Non c'è nulla da fare, ci devi passare per l'infelicità. Devi stare sufficientemente male e devi anche spendere del denaro. Parecchio denaro. Per quanto possa sembrare assurdo devi pagare per stare male per poi stare bene. Tutto ha un prezzo, soprattutto la felicità.. figuriamoci la salute!
Per poterti permettere di stare bene in un futuro prossimo devi avere del denaro da spendere in un presente imminente e questo implica avere un lavoro.. ecco un altro paradosso: come fai ad avere un lavoro se non stai bene e non sei felice? è anche per capire cosa vuoi fare nella vita e quindi per trovare un lavoro che vuoi stare bene ma a quanto pare un lavoro dovresti averlo già da prima altrimenti non hai denaro da spendere per stare male per poi stare bene..
Sono rinchiusa in un paradosso continuo e mi gira la testa.